“Oceano Dentro” traversata oceanica con disabili.

Davide attraversa l’Atlantico con i ragazzi dell’istituto di Salute Mentale di Trento. Nasce “Oceano dentro.”

Oceano dentro
In barca a vela attraverso l’Atlantico, 10 uomini e donne inseguono un sogno: dimostrare che anche un equipaggio del Servizio di salute mentale di Trento può arrivare fino alla fine del mondo. Un viaggio da matti nell’oceano che è davanti a noi, ma anche dentro ciascuno di noi.

Non c’è solo Pier Gianni sulla barca dei folli. Accanto alla sua emergono le storie di altri uomini e donne che insieme hanno voluto – e saputo – affrontare la sfi da. Adriano Caccialepre è stato un vagabondo di strada prima di diventarlo in barca. Fra le onde ha lavorato alla sua tesi di laurea in Lettere moderne. Davide Poli Stori, uomo di poche parole, ha lasciato a terra la voce che lo perseguitava sperimentando in oceano una nuova sensazione di libertà. Chiara Buccella ha trovato tra delfini e balene nuove energie per seguire il percorso di reinserimento dopo la comunità. Roberto Saccardo in Atlantico ha portato la propria testimonianza di padre che, dopo aver sperimentato la vergogna e la paura della malattia mentale, affronta il disagio di suo figlio a viso aperto. “Mamma” di tutta la ciurma è stata invece Anita Faes, che alla soglia dei 70 anni non ha esitato a mettersi ancora in una volta in gioco – come tante volte ha fatto per aiutare sua figlia – diventando una delle colonne del gruppo. Renzo De Stefani, primario di psichiatria, ha iniziato a lavorare prima che la legge Basaglia cancellasse i manicomi. Ora si batte perché anche i pregiudizi vengano cancellati. Giuseppe “Bepi” Hoffer, ex paracadutista e base-jumper, dopo una vita al limite si dedica a portare in barca a vela chi ha avuto meno fortuna di lui. Davide “Dabs” Mantovani, skipper professionista, non conosceva il mondo della malattia mentale, ma ha presto scoperto il valore del suo strano equipaggio. Infine Sergio Damiani, ma lui non si vede perché era dietro la telecamera.

Nelle pratiche del Servizio di salute mentale di Trento ce n’è una che è diventata per noi una specie di mantra, fareassieme, tuttoattaccato. Fareassieme vuol dire coinvolgere attivamente gli utenti e i familiari ma anche i cittadini disponibili in tutte le attività del Servizio: gruppi di auto aiuto, tavoli di concertazione sulle buone pratiche, attività di sensibilizzazione sullo stigma, gruppi di pari a sostegno di persone in crisi, una polisportiva e soprattutto gli UFE (Utenti e Familiari Esperti). UFE divenuti “famosi” in Italia e pronti a esportare il loro modello in Cina. La grande novità è vedere per la prima volta utenti e familiari presenti in tutte le aree di un Servizio sanitario, a fi anco degli operatori, a offrire il loro sapere esperienziale. Tutti assieme appassionatamente. Nelle pratiche del fareassieme non potevano mancare avventure “forti”, un po’ perché a forza di fareassieme la fantasia vola alto e un po’ perché avventure forti e visibili ci fanno meglio conoscere. Un esempio di straordinaria effi cacia, l’attraversata dell’Oceano. Per chi l’ha fatta, e io sono tra i fortunati, un’avventura umana tanto impervia quanto ricchissima di vita. Ma soprattutto una scommessa vinta alla grande sui temi del contrasto allo stigma e ai pregiudizi sulla malattia mentale che ancora attraversano i pensieri e mettono radici nei cuori di troppe persone.

Arrivare nelle Americhe, sulla rotta di Colombo, spinti solo dal vento e dal nostro credere, rimane nell’immaginario dell’uomo uno dei miti più radicati. Quando ci riesce un equipaggio come quello di Margaux, fatto di persone con disagio mentale, di familiari, di operatori, di cittadini partecipi, e lo racconta a tante persone in giro per l’Italia, di pregiudizi ne cancella parecchi. Quanti hanno avuto notizia di questo viaggio, o meglio ancora ci hanno sentito raccontarlo, inevitabilmente (poco o tanto) hanno pensato: “Se questo equipaggio, costruito a partire da quel mondo della follia che ci impaurisce, ci appare incomprensibile e pericoloso, ha attraversato l’Oceano, ha compiuto un’impresa che noi uomini normali riusciamo solo a sognare, allora….”. Oceano dentro, complice la straordinaria capacità di Pier (e degli altri compagni di barca) di raccontarsi, è una occasione per raggiungere un numero ancora più ampio di persone. E per guardare alla follia con occhio sorridente e positivo. Un piccolo miracolo che farà bene a tutti.

Renzo De Stefani primario del Servizio di salute mentale di Trento