Le “viscere” delle mie Isole. Vulcani Parte I
Se esiste un luogo nel Mediterraneo dove la natura regna sovrana allo stato ancestrale e dove la mano dell’uomo agisce tanto consapevolmente quanto poco violentemente, questo luogo sono sicuramente le “mie” Eolie. Un piccolo paradiso terrestre nelle acque del Tirreno meridionale circondato da acque blu cobalto e coste rocciose, ricco di calette e circondato in ogni dove da faraglioni che sembrano svettare verso il cielo come facessero parte di un mondo antico, sepolto, ma vivo. Le Isole Eolie dominano in tutta la loro bellezza la costa della Sicilia nord- orientale. Questa dominanza, ci racconta la mitologia greca, è lunga secoli perché è dal dio dei venti, Eolo, che prendono il nome le Eolie. Ma è a un altro dio che le sette isole devono la propria fama: Efesto, il dio del fuoco, a cui è consacrata Vulcano.
L’arcipelago, infatti, è di origine vulcanica e tutt’oggi, su due isole, ci sono dei vulcani attivi: uno è lo Stromboli, in perenne, seppur ridotta, ma non affatto sopita, eruzione; l’altro è Vulcano, quiescente per decenni. Oggi impegnato a darci prova della sua attività con le esalazioni sulfuree che dal mare notiamo sulla sua sommità come una nube di perenne fumarola. Quando Vulcano e tutta la sua camera magmatica si sono rimesse in moto, il caldo estivo non era ancora sopito. Ma a Vulcano, vi posso assicurare, il caldo non si sopisce mai. La terra stessa e le pareti vulcaniche attorno a noi ribollono del calore intra- terrestre. Anche quando agosto è già terminato qui a Vulcano sembra che l’estate sia appena iniziata. Alle Eolie non è una rarità perché la bella stagione si protrae fino a ottobre inoltrato. Nel settembre 2021, però, la fine dell’estate porta con sé una novità: il vulcano, che non erutta dal 1888, si risveglia.
Il primo segno è il forte aumento della produzione di gas, che indica un’ascesa del magma. «Sono sostanze tossiche o asfissianti, come l’anidride carbonica, che sostituisce l’ossigeno», spiega il dott. Mauro Coltelli, responsabile del Centro Monitoraggio Eolie dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Ma non finisce qui. Perché Coltelli riscontra un altro fenomeno legato alla risalita del magma: la deformazione del cono della fossa, cioè un rigonfiamento dell’edificio del vulcano. «Ha avuto un sussulto, che avrebbe potuto portare a una situazione critica. Se una parte significativa del cono crolla in mare, del resto, si può produrre uno tsunami di una certa entità», chiarisce il vulcanologo, che ci tiene a tranquillizzare: «L’emergenza sta rientrando». A Vulcano, infatti, poco dopo l’innalzamento del livello di allerta, i toni si sono lentamente tranquilizzati. Prosegue la crisi minore idrotermale superficiale, con modesti incrementi della temperatura di emissione e del flusso dei fluidi, ma l’attività del vulcano è in lento declino. «Nulla impedisce che torni a risalire come nel 1888», rivela però lo scienziato, «anche bruscamente, fino ad arrivare alla situazione eruttiva». La situazione dell’attività eruttiva di tutto l’arcipelago delle Isole Eolie è in costante monitoraggio, ma il problema principale, che vale peraltro per tutti i vulcani del Mondo, è che è impossibile prevedere come questa attività si evolverà. E’ difficile, pressochè impossibile, stabilire il decorso delle crisi di Vulcano. «Non conosciamo l’esatta collocazione del serbatoio magmatico. E se non scopriamo le condizioni della regione che ci sta sopra, non possiamo sapere se cederà, permettendo l’ascesa del magma», racconta Coltelli. È questo, quindi, il motivo che ostacola le previsioni a lungo termine dei vulcanologi, che stanno mettendo a punto dei sistemi di topografia sismica per individuare e studiare il serbatoio. Uni dei modi che , per quanto riguarda l’arcipelago delle Isole eolie, è opportuno utilizzare, è monitoraggio della risalita del magma ossia marcare il percorso che la lava sta facendo risalendo la fondo del camino vulcanico verso l’alto. Come capire questo? Ci sono due fenomeni che precedono l’eruzione e sono l’aumento dell’inarcamento del suolo e l’aumento delle rete di gas. Altro fattore che i vulcanologi misurano con il gravimetro è il momento in cui alla crosta terrestre si sostituisce il magma. Tutti e tre gli strumenti, però, si limitano a mostrare quello che è in atto, e non quello che avverrà. E che pertanto non è immune da errori soprattutto per il monitoraggio dei tempi dell’andamento dell’eruzione. Esiste però uno studio che potrebbe migliorare i modelli che predicono le eruzioni. L’ha condotto il gruppo guidato da Daniel Rasmussen, vulcanologo dello Smithsonian National Museum of Natural History di Washington. La ricerca ha calcolato il contenuto d’acqua nelle rocce eruttate da 62 vulcani ad arco. Dopo ha confrontato i dati raccolti con un sottoinsieme composto da 28 di questi vulcani, dei quali è nota la dimensione della camera magmatica. Così, ha evidenziato una correlazione tra la percentuale di acqua nel magma e la profondità della camera magmatica. In altre parole, maggiore è la quantità di acqua e più la lava si è formata in basso. E questo è un dato che potrebbe davvero rendere più accurate le previsioni vulcaniche. Perché se l’acqua non fuoriesce dal magma prima che giunga in superficie, si innescano eruzioni esplosive: le più pericolose. Il limite di questo studio in termini di prevedibilità è, per le Isole Eolie in particolare, la mutevolezza delle eruzioni che qui si sono succedute nel tempo. In altri termini: stabilire la profondità di un serbatoio magmatico in base al contenuto d’acqua nei magmi è un po’ un un po’ come tenatre un terno al lotto. Certo che delle basi scientifiche ci sono, ma per stabilire la posizione di un serbatoio si fa uso di informazioni prese da magmi del passato. Mentre a Vulcano la lava non è sempre la stessa: muta, perché date le piccole dimensioni del vulcano, non c’è una camera magmatica strutturata che consente il riciclo della lava. Nel tempo, viene sostituita da altra completamente diversa e , di conseguenza, ogni eruzione, come la sua fase preparativa, si mostra all’esterno in maniera ogni volta altalenante. E se guardiamo alla eruzioni del passato ce ne accorgeremo subito. Nel 1700 Vulcano ha prodotto un magma di ossidiana nera, estremamente viscoso e molto evoluto. Ma nel periodo romano, l’altro piccolo vulcano dell’isola, Vulcanello – situato sul bordo della caldera -, ha eruttato un magma basaltico. Incredibile, ma è un magma che è esattamente l’opposto del primo. Ragion per cui, per i vulcanologi del Mondo, Vulcano rimane un assoluto rompicapo non inquadrabile in nessuno schema già visto. Navigando in barca a vela e facendo il periplo dell’isola ci si accorge già a prima vista di quanto l’attività vulcanica caratterizzi l’isola. Tutte le passeggiate che si organizzano per raggiungere la sommità sono volte ad ammirare non solo tutto l’arcipelago eoliano dall’altro, ma soprattutto per godere di uno spettacolo impossibile da trovare altrove. Si cammina letteralmente in mezzo alle bollenti esalazioni solforose come se ci trovassimo in u ambiente extra- terrestre ancestrale e si “circumnaviga” l’enorme cratere chiuso guardandolo dall’alto ed immaginandosi il tempo in cui quel tappo venne sbalzato via dalle possenti eruzioni dei tempi passati [to be continued]