Girovagare, pallido e assorto…
“Che hai stamattina Giorgio?””Mah, non so, mi sono svegliato carico dei pensieri di casa, lavoro, conti, pubbliche relazioni. Mi sembrava tutto così lontano ieri ed invece stanotte le preoccupazioni è tornato ad assillarmi…” “Prova ad andare su in pozzetto..guarda fuori…mi sono spostato a Cala Junco stanotte, un tratto brevissimo, volevo farvi ammirare questa baia al mattino…dormivate, ho pensato fosse il momento giusto”. Lo skipper ha ragione e mi riporta alla mia realtà, quella che nottetempo mi ero dimenticato nel dormiveglia. Mi sporgo appena dal tambuccio e sento la brezza della mattina inebriarmi e smuovermi i capelli, l’odore del salmastro acre nelle narici ed il promontorio di Cala Junco di fronte a me…è un tutt’uno pensare, salire, fare e tuffarmi. La sensazione del fresco dell’acqua sulla pelle mi sveglia dal torpore del sonno e dopo poche bracciate anche la sensazione di freddo se ne va. La temperatura dell’acqua delle Isole Eolie è a tal punto mite da sembrare di godere di un riscaldamento del sole anche nelle ore notturne ed invece sono le esalazioni vulcaniche che provengono dal fondo a renderla tale e piacevolissima anche di prima mattina. La spiaggia è vicina, l’ancoraggio è perfetto e quindi decido di allontanarmi dalla plancia di poppa del Margaux per avventurarmi verso la piccola costa davanti a me. I miei compagni di viaggio stanno ancora dormendo, lo skipper organizza la giornata ed io ho tutto il tempo di godermi questa nuotata. L’acqua mossa sul fondo dalla posidonia dona a questo specchio di mare caratteristiche tutte particolari ed il blu profondo va scemando mano a mano che mi avvicino alla piccola spiaggetta che porta poi in paese. Metto i piedi a terra camminando nell’acqua e li vedo limpidi sotto la superficie quasi nitidi tanto il mare è pulito…chissà quando ricapiterà di vederne uno simile.
La testa di nuovo sgombra e leggera ha modo di ammirare il paesaggio intorno a me e gli occhi cercando di catturare ed immagazzinare più immagini possibili; il verde lussureggiante sopra le rocce, la spiaggia nera e finissima sotto di me e quell’inconfondibile profumo di bouganville misto ai sentori dei fiori del cappero che solo su quest’isola non svaniscono mai. Dalla prua del Margaux in lontananza scorgo la ciurma che richiama la mia attenzione facendomi cenna di avvicinarmi. Immagino che la colazione sia pronta e mi avvio quindi ad ampie bracciate a preparare con loro. La mattina scorre placida e poco prima di pranzo salpiamo tirando su l’ancora alla volta di Lisca Bianca, di cui mi pare di ricordare aver letto su molte guide come uno dei luoghi naturalistici più spettacolari delle Isole Eolie. Sono in sostanza due grandi scogli dalla cima piatta di un bianco abbagliante misto al giallo sulfureo che esala dalle pendici; scogli in mezzo ai quali lungo una specie di corridoio di acque cristalline le imbarcazioni della nostra flottiglia trovano posto per ancorarsi. Lo skipper prepara subito il tender per portarci ad ammirare lo spettacolo della solfatare sottomarine e quindi ci prepariamo con la nostra attrezzatura da snorkeling per raggiungere il tappeto di “bolle” di cui abbiamo tanto sentito parlare. Alcuni di noi, me compreso, decidono di avviarsi a nuoto e lo spettacolo delle esalazioni di zolfo che fuoriescono dal terreno in una colonna di microscopiche bollicine è davvero emozionante; se ne riesce a sentire perfino l’odore sott’acqua e come dei bambini vi nuotiamo in mezzo senza curarci del tempo che passa. Il pomeriggio ci aspetta una bella ora abbondante di navigazione verso Stromboli e contiamo che una brezza pomeridiana ci aiuti a tirar su le vele per godere del veleggiare del Margaux. La flottiglia in navigazione crea un estemporaneo quanto divertente gareggiare a suon di colpi di winch ed anche noi, neofiti, non ci sottraiamo a questa ora di scuola d’altura inaspettata e molto gradita. Lo skipper, dall’alto della sua esperienza oceanica ci coinvolge volentieri nelle manovre di bordo cercando di condurre il Margaux verso i 10 nodi al traverso ed è sempre emozionante il momento in cui, a motore spento, si riesce a godere del sibilo del vento che scorre sulla randa e sul fiocco a prua. Lasciandoci alle spalle lisca bianca e Panarea la visuale sullo Stromboli si fa subito nitida; l’isola appare maestosa e la sua inconfondibile forma vulcanica ne descrive, già da sola, la sua natura .
Vulcano attivissimo per le sue eruzioni appunto dette “strombolane”, le sue pendici si animano a cadenze regolari ogni circa venti minuti, disegnando un pennacchio nel cielo. Le eruzioni dello Stromboli, visibili di giorno sotto forma di fumate nerastre, mostrano tutta la loro imponente natura al calar della sera lungo il lato della Sciara del fuoco, versante lungo il quale il vulcano ha formato, eruttando dal suo cratere più grande, una lingua di detriti e magma che scende fino al mare. Già da questa distanza l’imponenza del cratere ci abbaglia ed avvicinandosi sottocosta Iddu si erge in tutta la sua prorompente audacia alla nostra sinistra dove possiamo notare il susseguirsi di tante piccole spiagge di detriti magmatici nero pece che il vulcano ha accumulato negli anni. Ci avviciniamo a San Vincenzo, il piccolo borgo di case bianchissime che senza paura ed imperterrito, abitato anche in inverno resiste alla paura…anzi no, rilutta la paura ed ama il suo compagno rumoroso come se fosse parte di una quotidianità a noi comuni mortali assolutamente sconosciuta. Non è un luogo semplice quest’isola e proprio queste sue contraddizioni la rendono forse, ai miei occhi, la più attraente in assoluto. Come si può pensare di lasciare la civiltà così come noi la conosciamo per trasferirsi, come alcuni mi raccontano di aver fatto, in un luogo isolato per gran parte dell’inverno in cui alla tue spalle il sentore di dover all’improvviso scappare, si alimenta sempre più ogni volta che lui erutta? Non lo so, davvero. Non so darmi risposta sensata, ma sul volto e nelle parole di chi mi racconta aver fatto tutto ciò non leggo ne sento note di rammarico ne di insoddisfazione. Sembra che quest’isola e gli isolani che la abitano bastino a sé stessi ed abbiano creato un rapporto di convivialità tale che la paura ha lasciato lo spazio al rispetto profondo per la natura e per le sue manifestazioni anche violente. Mi spiace non capirlo, mi spiace non poter varcare le soglia della poca confidenza con queste persone perché se potessi chiederei loro come fanno e perché. Mi rendo conto mentre scrivo che forse qualcuno si offenderebbe e mi direbbe semplicemente di fare silenzio e di guardare lui.
Ed io che sono da poco più di due ore qui e che non riesco a smettere di sussultare ad ogni crepitio, magari, forse, capirei. O magari no. Che importa. Mi sembra di essermi innamorato di questo posto non da ora, ma di esserlo sempre stato. [….to be continued]