Va a spiegarlo al mare…

Vai a spiegarglielo il mare a chi lo guada e vede solo acqua […]. Penso fermamente che sarebbe così che risponderei se mi chiedessero cosa ha di diverso il mare delle Isole Eolie rispetto a tutti gli altri paesaggi marini del Mediterraneo. Approdare qui in barca a vela è vivere di fatto la sensazione di essere sull’”Isola dell’Isola” dove perciò la dimensione insulare è ancora più ancorata nelle abitudini e nei gesti della gente del poste. Il mare delle Isole Eolie risente di questa lontananza dal Continente. Perde tutte le caratteristiche del mare della costa e si fa “profondissimo” in tutte le possibili accezioni di questo termine. Il mare è l’elemento distintivo della dimensione insulare, il confine geografico di questi territori, ma anche un valore profondamente intersecato alla storia e alla vita stessa di queste comunità, ricco di affascinanti dettagli, generoso verso i suoi visitatori . Avvolgente sempre, una miriade di sensazioni ed emozioni. I paesaggi costieri e marini sono lo specchio delle tonalità del cielo, delle stagioni, degli eventi atmosferici, della natura delle rocce; sono la tela sulla quale il vento e la luce dipingono scenari sempre nuovi ed intriganti. Sotto la superficie, grazie alle escursioni organizzate dai diving locali, si può andare alla scoperta di relitti, di una flora e di una fauna ancora incontaminate, per la tutela delle quali le Isole Eolie sono destinate a breve a diventare un’Area Marina Protetta; ma questo repertorio di bellezza è accessibile anche per coloro che – senza “inclinazioni” subacquee – indossano soltanto una maschera e si avventurano tra pesci, molluschi e piante acquatiche, compagni ideali di rigeneranti e rilassanti nuotate. E’ uno snorkeling accessibile a tutti, fatto di mare calmo, caldo e di tranquillità dove sia i grandi che i piccini si divertono. Chi rimane in barca a vela con noi, a bagnarsi di sole, non sarà meno stupito di fronte alla varietà delle scogliere disegnate dalla lava, delle spiagge contornate da falesie, dei litorali bianchi di pomice o neri di sabbia vulcanica, di ciottoli e di pietre la cui consistenza e forma muta da un’isola all’altra, sulle tracce di magici nomi di incantevoli spiagge come Pollara a Salina, Valle Muria a Lipari, Puntazze a Filicudi, Bazzina ad Alicudi, Sabbie Nere a Vulcano, Cala Zimmari a Panarea, Piscità a Stromboli. Vivere in barca a vela il tour delle Isole Eolie è come vivere il mare dal mare in una dimensione tutta nuova ed inesplorata poiché spostandosi da un’isola all’altra, degustando in barca le prelibatezze locali, si scoprono luoghi, baie ed anfratti altrimenti inaccessibili. Classificare le baie e le spiagge delle Sette Meraviglie è praticamente un’impresa titanica semplicemente perché si rischia di tralasciarne qualcuna. Ognuna caratterizzata da una peculiarità, ma tutte accomunate dallo splendore del mare sopra e sotto il livello dell’acqua…danno prova del loro essere indimenticabili. L’isola di Panarea, la più piccola delle Sette è solitamente quella in cui approdiamo per prima. Qui si può entrare in contatto con un’atmosfera di pace e di tranquillità a Cala Junco, che può essere annoverata a buon diritto tra le baie più spettacolari di tutto l’arcipelago. E tuttavia sempre a Panarea è doveroso far tappa anche alla Cala degli Zimmari, resa indimenticabile dal colore della sua sabbia, tendente al rossastro. La spiaggia della Calcara offre, invece, sensazioni uniche perché consente di passeggiare su un terreno riscaldato in modo piacevole dalle fumarole.  Per noi che arriviamo in barca a vela questo spettacolo si apre facilmente ai nostri occhi una volta lasciatasi alle spalle Lipari ed aver percorso appena un’ora e mezza di navigazione. Cala Junco si apre ai nostri occhi in tutto il suo “blu” che incornicia una costa aspra ed irsuta fatta di piccoli altipiani dove si conservano resti archeologici di storica importanza. Per arrivare qui se si stati a fare una passeggiata in paese o nelle altre baie della zona, i percorsi da seguire sono piuttosto facili: è sufficiente incamminarsi lungo sentieri avvolti dalla natura. La forma di Cala Junco è quella di un piccolo anfiteatro, che è circondato e incorniciato da formazioni rocciose a dir poco inusuali su entrambi i lati: lo scenario con cui si ha a che fare è quello di una piscina naturale a cielo aperto dove avventurarsi a fare il bagno è un’esperienza unica. La morfologia particolare della cala assicura un riparo eccellente anche per le nostre barche a vela che si ancoreranno qui per la notte ma è anche la ragione per la quale essa veniva impiegata, all’epoca del villaggio preistorico di cui vi ho parlato, come darsena. Meritano una foto soprattutto le tonalità cromatiche delle acque della baia, cangianti e quasi da cartolina, dal turchese al verde smeraldo, passando per il blu intenso. Navigando verso l’Isola di Vulcano che noi abbiamo programmato nel nostro tour settimanale come ultima isola da visitare non possiamo fare a meno di imbatterci nella Baia di Sabbie Nere. Tutto il paesaggio attorno primo fra tutti il colore non può che suggerirci che si tratta  di una baia di origine vulcanica e lo scenario è reso speciale proprio dal contrasto tra il colore nero delle piccole pietre laviche e la trasparenza dell’acqua di un mare cristallino. Le stesse pietre, per altro, per effetto dei raggi del sole hanno un aspetto paragonabile a quello dei cristalli, a dimostrazione di come non esistano emozioni più straordinarie di quelle offerte dalla natura. Altra tappa da non perdere a Vulcano è la Grotta del Cavallo, nome suggestivo per ancor più suggestivo sfondo. Essa è incastonata in un anfiteatro naturale e deve il nome a un masso il cui profilo ricorda la testa di un cavallo. Al suo interno ci sono gallerie, laghetti e curiose volte a cupola modellate dall’erosione della roccia ad opera del vento e del continuo andirivieni del mare. Ed infine è solo grazie al nostro girovagare in barca a vela che potremmo ammirare, appena adiacente alla Grotta del Cavallo un altro scenario inusuale, un anfratto raggiungibile solo via mare , un anfiteatro naturale cinto da rocce di basalto e tufo in cui il mare acquista una tonalità magica grazie appunto alle rocce che ne rifrangono il colore intenso. Lipari è la pima isola che vedremo navigando verso Panarea, ma la ritroveremo anche alla fine della settimana ed il primo scenario che si apre a noi uscendo dal porto di imbarco è, per vicinanza, la spiaggia bianca delle Cave di Pomice. Anch’essa di origine vulcanica, ha un fondale marino caratterizzato dalla presenza di sedimenti della bianca pomice, e non è esagerato sostenere che quello offerto è uno spettacolo che ha pochi eguali nel resto del mondo. Chi vuol concedersi un bagno lo può fare a qualunque ora del giorno, anche di primo mattino, dal momento che le acque del mare sono molto più calde rispetto a quello che ci si aspetta e questo vale per tutte le isole. Non c’è niente di più entusiasmante di un bel tuffo dalla prua della barca a vela  proprio dirimpetto ai pontili  che in epoca passata venivano utilizzati per trasportare i beni che venivano estratti dal mare. Mare che oggi come allora mette in mostra un turchese molto più che intenso.

“Il mare non cambia mai e il suo operare, per quanto ne parlino gli uomini, è avvolto nel mistero” diceva Joseph Conrad….mai come qui alle Isole esso si fa compagno dell’uomo, complice della sia irrequietezza e compagno del suo girovagare. Alimenta quel senso di mancanza di confine che solo un orizzonte visto da una barca a vela può dare […]

Occhi del mare!

…us seen by the sea!!

Isole Eolie

Vedere attraverso le lenti del mare è un privilegio che va capito, assaporato e vagliato costantemente quando si naviga in barca a vela. E’ un racconto di poesie, storie, profumi, visioni che forse solo un Arcipelago come quello delle Isole Eolie sa dare. Ci stiamo avvicinando verso la parte più remota , più isolata e non metaforicamente incontaminata di tutte le Isole. Ci siamo lasciati Capo Graziano a Filicudi alle spalle e decidiamo, in accordo con tutto il nostro equipaggio che rimarrà con noi per ben due settimane, di continuare la navigazione in quella che chiamiamo la “golden hour”, il sole che ha attraversato il suo punto più alto e che comincia la sua discesa all’orizzonte. Ci stiamo dirigendo verso Alicudi. L’isola più ad occidente di tutto l’arcipelago. Dista 34 miglia marine da Lipari, ed è piccolissima. Pensate che la sua superficie è di appena 5 kmq! È caratterizzata da coste molto ripide ed aspre, ed è abitata esclusivamente sul versante meridionale. Conta circa 40 residenti! Vi pare semplice un confronto con le metropoli che conosciamo e che magari qualcuno di noi abita? Arduo compito quello di mettere a confronto realtà inconfrontabili. Visitare, vedere, sintonizzarsi con quest’isola è quanto di più lontano siamo abituati a fare quotidianamente nei nostri spostamenti terricoli. Dalla forma quasi perfettamente conica, incontaminata, aspra e solitaria, Alicudi offre scenari dalla tipica ambientazione mediterranea tra terrazzamenti con muretti a secco, splendidi scorci di blu e piccole barche di pescatori. l borgo di Alicudi è composto da cinque piccole frazioni sparse sull’isola. Tra queste Alicudi Porto, la principale contrada dove si trovano gli unici due negozi di generi alimentari di tutta l’isola e l’ufficio postale. Ricordate di portare contanti, perché ad Alicudi non troverete bancomat, e tutto ciò che vi occorre! Le altre frazioni sono Contrada Tonna, San Bartolo con l’omonima chiesetta, Contrada Pianicello, che ospita una comunità tedesca, e Contrada Sgurbio, un piccolo agglomerato urbano composto solo da cinque case. Ad Alicudi non ci sono strade, non ci si muove in macchina, non si affrontano percorsi di qualsivoglia genere “motorizzati”. Ad Alicudi ci si muove a piedi, un passo dopo l’altro oppure a dorso di mulo lungo le mulattiere appunto che si snodano sul pendio irto dell’isola e che conducono alla cima. Lo scorrere lento del salire è scandito dal tacchettare degli asini che, sferrati, per evitare scivolamenti, aiutano noi umani nel difficile compito di trasportare lungo il sentiero qualsiasi cosa provenga dalla terra ferma…cibo, acqua, bagagli dei villeggianti, scorte invernali…ed anche all’occorrenza pacchi di Amazon! Se volete esplorare l’isola a piedi potreste seguire questo itinerario di 4,5 km che richiede circa 5 ore.

Vulcano Isola

Si parte da Alicudi Porto e ci si inoltra in salita tra le case del borgo, lungo le ripide scalette che portano alla Chiesa del Carmine, con l’insolito campanile separato dall’edificio. Seguite il percorso segnalato in azzurro che offre bellissime viste sul mare e il borgo. In meno di 20 minuti si raggiunge, dunque, la chiesa di San Bartolo, costruita nel 1821 sui resti di un edificio settecentesco. E “Bartolo” qui è in ogni dove…patrone delle Isole Eolie, è il nome più diffuso di tutte le Isole equi viene celebrato il 28 di agosto. Dal sagrato terrazzato si vedono Filicudi e Salina. Superate la cisterna alle spalle della chiesa e imboccate il sentiero sulla sinistra per salire fino alla Contrada Montagna, un tempo la più popolata dell’isola ma oggi completamente abbandonato. La contrada era importante non solo per la sua posizione da cui controllare l’arrivo di eventuali attacchi dal mare, ma anche per la sua vicinanza agli unici campi coltivabili dell’isola. Si prosegue lungo il sentiero delimitato da muretti a secco che attraversa la pianura costellata da mannare, costruzioni in pietra che ospitavano il bestiame e custodivano gli attrezzi. Si arriva poi al bordo di una falesia sulla costa occidentale dell’isola che offre una vista favolosa sullo scoglio Galera. Se volete poi raggiungere il punto più alto di Alicudi, bisogna tornare indietro fino al pianoro di Montagnole e così raggiungere la vetta. Lungo il cammino vedrete il Timpone delle Femmine, ovvero alcune fenditure nella roccia che servivano da rifugio alle donne durante le incursioni dei pirati. Arriverete quindi al Filo dell’Arpa, il punto più alto dell’isola, a 675 metri, che si raggiunge tramite ripidi scalini. È il cono di un vulcano ormai spento che si inabissa per oltre 1500 metri nelle profondità del mar Tirreno. La vetta prende il nome dalla poiana (arpa in dialetto siciliano). Infine si prosegue lungo il sentiero in discesa lungo il brullo versante sud-orientale dell’isola, per attraversare la Contrada Pianicello, passare accanto alla cappella di San Giuseppe e ritornare infine al porto di Alicudi. Gli escursionisti più esperti possono esplorare gli altri itinerari tracciati, una quindicina in totale, indicati con cartelli di diverso colore. Scoprirete strette mulattiere lastricate e antichi sentieri che dal porto conducono alle altre contrade dell’isola e alla vallata dove un tempo colava la lava del vulcano prima di riversarsi in mare. Non è un percorso breve ne facile, ma è imprescindibile per carpire i segreti di questi luoghi. In un’isola dove esiste la Scuola Elementare più piccola di tutta Europa che vanta solo tre scolari, cosa se ne può capire se non mescolandosi alle gente del luogo che inevitabilmente ci ferma lungo il sentiero per offrirci anche una breve sosta? Incontriamo salendo, tra un sorso d’acqua e l’altro per tenere a bada l’arsura, Bartolo! Un ometto ben vestito, per niente affaticato sull’ottantina che a testa bassa e con in mano un bel trancio di tonno imbustato appena preso al porto ai pescherecci, intavola con noi un leggerissimo discorso sulla giornata appena trascorsa sull’isola, ma allo stesso tempo in modo tanto gioioso e carico di pathòs che saliamo tantissimi gradini con lui che ci spiega, mano a mano il perché qui i numeri civici delle case ad ambo i lati siano esattamente quelli del numero del gradino su cui ci troviamo…perché era la cosa più semplice da fare!

…to be continued…

…poi le Isole Eolie!

Sembra, o così è in effetti, che la barca a vela sia il mezzo che Iddu accoglie più volentieri; meglio se a motore spento e sospinta dal gonfiarsi delle vele di prua. Il corridoio di mare che si percorre allontanandosi da Panarea è tutto uno sbirciare verso di lui e la sua forma conica e simmetrica che si staglia possente sotto le foschie che ne nascondono la cima anche nei giorni di cielo terso e limpido. D’altra parte alla luce del giorno le eruzioni si nascondono dietro la luce del sole, ma visibili sempre nei fumacchi periodici e puntuali che ogni venti minuti ne animano i contorni.

Insomma c’è  quest’isola perduta, al largo del Tirreno, emersa dal mare e sputata dalla bocca di un vulcano, i cui pennacchi infuocati hanno guidato le rotte dei marinai nelle antiche notti senza stelle: Stromboli. Faro del Mediterraneo, regno di Efesto, qui si approda se il mare lo concede, ascoltando la voce della montagna e lasciandosi traghettare dall’afflato di Eolo. Figlia di Strombolicchio, secondo la leggenda tappo del vulcano lanciato in mezzo al mare durante una violenta esplosione 200 mila anni fa, Stromboli emerge 100 mila anni dopo.

La più orientale e luminosa della costellazione delle sette sorelle isole del vento, le Eolie. Tra le più strampalate fantasticaggini, ne narrava Omero nell’Odissea, la porta degli Inferi dalla quale discese Zarathustra nel pensiero di Nietzsche, la vorticosa via d’uscita dal mondo sotterraneo nel Viaggio al centro della Terra di Jules Verne; appartata e solitaria, la gemma nera del Tirreno è avvolta da mito e leggenda. Il manto, una volta nudo e brullo per la totale assenza di acqua sull’isola, come un miracolo, dischiude alla vista e all’olfatto un tripudio di odori e colori contrastanti, dolci, erotici. Nelle croste aspre della roccia lavica si insinuano macchie di fucsia bouganville, essenze di gelsomino e oleandro, capperi  in fiore, dirompenti fiordalisi, artemisie, distese di ginestre, che nutrite dal calore nella pancia della terra madre, pregna di sali minerali, crescono rigogliose, temprate dai venti di mare.

Dall’alto, Stromboli appare come una trottola di ossidiana di forma trapezoidale alta 920 metri, dal cui cono lavico, a 750 metri, traboccano le sue lingue di lava che discendendo lungo la parete scoscesa della Sciara del Fuoco, cristallizzano, inabissandosi per 2000 metri nel profondo blu. Capovolgendosi a testa in giù, ci si immerge in un altro mondo dove tutto ciò che stava nelle viscere della montagna, assume nuova vita. Dal fuoco all’acqua. Quelle che erano incandescenti rocce magmatiche, ingioiellate di anemoni, spugne, ricci saetta e gorgonie rosso lava, diventano tana di cernie e murene. Le acque limpide e profonde di questo mare custodiscono una biodiversità ricca di vita non ancora depauperata dalla mano dell’uomo che, qui, nutre verso il mare una silenziosa riverenza.

Uomini di mare, i cui volti antichi, scolpiti dai venti, sembrano raccontare storie di sirene e di tritoni. Le case a Stromboli valicano il concetto stesso di casa. Unità, anime, piccoli templi dalle forme cubiche e morbide, essenziali e senza pretesa alcuna nell’urtare l’integrità del paesaggio. Di bianco per combattere la paura del buio, se le guardi bene, mostrano senza imbarazzo la parte più intima di chi le vive.

Come una barca in mezzo al mare, a Stromboli la natura dà il tempo alla vita. Un luogo che non permette nessuna mediazione, dove il corpo subisce la violenza delle pietre così come queste subiscono la violenza di una mareggiata. Un rapporto di intima sensualità tra uomo e natura che, qualora accolto, ti scava, ti plasma dentro e fuori, costringendoti a capovolgere le tue stesse priorità. In questa terra mi sono spogliata per avvicinarmi alla mia autenticità di essere umano. Il respiro del vulcano come respiro di vita, di fronte al quale ne ho percepito la schiacciante prepotenza, la commovente bellezza.

Si racconta che a causa di varie vicissitudini familiari Eolo scappò verso occidente, fermandosi presso un gruppo di isole del Mar Tirreno, che in suo onore furono chiamate Isole Eolie. Si racconta che Eolo fosse pio, giusto e ospitale verso i forestieri, che avrebbe insegnato l’uso della vela ai naviganti e che riusciva a predire i venti agli abitanti. Eolo, quindi, riuscì ad ottenere da Zeus il ruolo di consigliere degli dei e domatore dei venti. Quest’ultimi, custoditi in un’otra nella sua reggia a Lipari venivano liberati in base alla richiesta degli dei o dei suoi abitanti, causando a volte anche danni dovuti alla loro forza impetuosa e tra cui le leggende annoverano il distaccamento della Sicilia dal resto del continente.

Qui tutto parla di vento, di barche, di naviganti per caso o per mestiere, di rotte vacanziere e di tragitti verso baie nascoste. L’isola col suo tempo variabile, i suoi venti e le sue correnti, detta il ritmo della giornata. E incatena a sé i molti che lasciano la città e si trasferiscono qui. Beatrice Fassi, bergamasca, coordinatrice di Magmatrek, vive a Stromboli da 23 anni. «Ho scelto di rimanere perché mi piaceva la semplicità dell’isola, ci trovavo una certa autenticità, una giusta lontananza dalla frenesia della vita in città e dal consumismo. L’isola per me è stata una scuola di vita, ho imparato tanto, ci passa il mondo. Vorrei che Stromboli, questo punto di vita perso in mezzo al mare, trovasse la forza di tornare al meglio del suo passato: coltivazioni, scambi tra le persone, essenzialità». Il vulcano, intanto, respirando a intervalli regolari, emette cenere e lapilli.

Girovagare, pallido e assorto…

Girovagare, pallido e assorto…

Sabbie nere, Isola di Vulcano.

“Che hai stamattina Giorgio?””Mah, non so, mi sono svegliato carico dei pensieri di casa, lavoro, conti, pubbliche relazioni. Mi sembrava tutto così lontano ieri ed invece stanotte le preoccupazioni è tornato ad assillarmi…” “Prova ad andare su in pozzetto..guarda fuori…mi sono spostato a Cala Junco stanotte, un tratto brevissimo, volevo farvi ammirare questa baia al mattino…dormivate, ho pensato fosse il momento giusto”. Lo skipper ha ragione e mi riporta alla mia realtà, quella che nottetempo mi ero dimenticato nel dormiveglia. Mi sporgo appena dal tambuccio e sento la brezza della mattina inebriarmi e smuovermi i capelli, l’odore del salmastro acre nelle narici ed il promontorio di Cala Junco di fronte a me…è un tutt’uno pensare, salire, fare e tuffarmi. La sensazione del fresco dell’acqua sulla pelle mi sveglia dal torpore del sonno e dopo poche bracciate anche la sensazione di freddo se ne va. La temperatura dell’acqua delle Isole Eolie è a tal punto mite da sembrare di godere di un riscaldamento del sole anche nelle ore notturne ed invece sono le esalazioni vulcaniche che provengono dal fondo a renderla tale e piacevolissima anche di prima mattina. La spiaggia è vicina, l’ancoraggio è perfetto e quindi decido di allontanarmi dalla plancia di poppa del Margaux per avventurarmi verso la piccola costa davanti a me. I miei compagni di viaggio stanno ancora dormendo, lo skipper organizza la giornata ed io ho tutto il tempo di godermi questa nuotata. L’acqua mossa sul fondo dalla posidonia dona a questo specchio di mare caratteristiche tutte particolari ed il blu profondo va scemando mano a mano che mi avvicino alla piccola spiaggetta che porta poi in paese. Metto i piedi a terra camminando nell’acqua e li vedo limpidi sotto la superficie quasi nitidi tanto il mare è pulito…chissà quando ricapiterà di vederne uno simile.

Isola di Stromboli, Ginostra.

La testa di nuovo sgombra e leggera ha modo di ammirare il paesaggio intorno a me e gli occhi cercando di catturare ed immagazzinare più immagini possibili; il verde lussureggiante sopra le rocce, la spiaggia nera e finissima sotto di me e quell’inconfondibile profumo di bouganville misto ai sentori dei fiori del cappero che solo su quest’isola non svaniscono mai. Dalla prua del Margaux in lontananza scorgo la ciurma che richiama la mia attenzione facendomi cenna di avvicinarmi. Immagino che la colazione sia pronta e mi avvio quindi ad ampie bracciate a preparare con loro. La mattina scorre placida e poco prima di pranzo salpiamo tirando su l’ancora alla volta di Lisca Bianca, di cui mi pare di ricordare aver letto su molte guide come uno dei luoghi naturalistici più spettacolari delle Isole Eolie. Sono in sostanza due grandi scogli dalla cima piatta di un bianco abbagliante misto al giallo sulfureo che esala dalle pendici; scogli in mezzo ai quali lungo una specie di corridoio di acque cristalline le imbarcazioni della nostra flottiglia trovano posto per ancorarsi. Lo skipper prepara subito il tender per portarci ad ammirare lo spettacolo della solfatare sottomarine e quindi ci prepariamo con la nostra attrezzatura da snorkeling per raggiungere il tappeto di “bolle” di cui abbiamo tanto sentito parlare. Alcuni di noi, me compreso, decidono di avviarsi a nuoto e lo spettacolo delle esalazioni di zolfo che fuoriescono dal terreno in una colonna di microscopiche bollicine è davvero emozionante; se ne riesce a sentire perfino l’odore sott’acqua e come dei bambini vi nuotiamo in mezzo senza curarci del tempo che passa. Il pomeriggio ci aspetta una bella ora abbondante di navigazione verso Stromboli e contiamo che una brezza pomeridiana ci aiuti a tirar su le vele per godere del veleggiare del Margaux. La flottiglia in navigazione crea un estemporaneo quanto divertente gareggiare a suon di colpi di winch ed anche noi, neofiti, non ci sottraiamo a questa ora di scuola d’altura inaspettata e molto gradita. Lo skipper, dall’alto della sua esperienza oceanica ci coinvolge volentieri nelle manovre di bordo cercando di condurre il Margaux verso i 10 nodi al traverso ed è sempre emozionante il momento in cui, a motore spento, si riesce a godere del sibilo del vento che scorre sulla randa e sul fiocco a prua. Lasciandoci alle spalle lisca bianca e Panarea la visuale sullo Stromboli si fa subito nitida; l’isola appare maestosa e la sua inconfondibile forma vulcanica ne descrive, già da sola, la sua natura .

I fanghi, attività vulcanica naturale.

Vulcano attivissimo per le sue eruzioni appunto dette “strombolane”, le sue pendici si animano a cadenze regolari ogni circa venti minuti, disegnando un pennacchio nel cielo. Le eruzioni dello Stromboli, visibili di giorno sotto forma di fumate nerastre, mostrano tutta la loro imponente natura al calar della sera lungo il lato della Sciara del fuoco, versante lungo il quale il vulcano ha formato, eruttando dal suo cratere più grande, una lingua di detriti e magma che scende fino al mare. Già da questa distanza l’imponenza del cratere ci abbaglia ed avvicinandosi sottocosta Iddu si erge in  tutta la sua prorompente audacia alla nostra sinistra dove possiamo notare il susseguirsi di tante piccole spiagge di detriti magmatici nero pece che il vulcano ha accumulato negli anni. Ci avviciniamo a San Vincenzo, il piccolo borgo di case bianchissime che senza paura ed imperterrito, abitato anche in inverno resiste alla paura…anzi no, rilutta la paura ed ama il suo compagno rumoroso come se fosse parte di una quotidianità a noi comuni mortali assolutamente sconosciuta. Non è un luogo semplice quest’isola e proprio queste sue contraddizioni la rendono forse, ai miei occhi, la più attraente in assoluto. Come si può pensare di lasciare la civiltà così come noi la conosciamo per trasferirsi, come alcuni mi raccontano di aver fatto, in un luogo isolato per gran parte dell’inverno in cui alla tue spalle il sentore di dover all’improvviso scappare, si alimenta sempre più ogni volta che lui erutta? Non lo so, davvero. Non so darmi risposta sensata, ma sul volto e nelle parole di chi mi racconta aver fatto tutto ciò non leggo ne sento note di rammarico ne di insoddisfazione. Sembra che quest’isola e gli isolani che la abitano bastino a sé stessi ed abbiano creato un rapporto di convivialità tale che la paura ha lasciato lo spazio al rispetto profondo per la natura e per le sue manifestazioni anche violente. Mi spiace non capirlo,  mi spiace non poter varcare le soglia della poca confidenza con queste persone perché se potessi chiederei loro come fanno e perché. Mi rendo conto mentre scrivo che forse qualcuno si offenderebbe e mi direbbe semplicemente di fare silenzio e di guardare lui.

Lipari
Arcipelago Isole Eolie.

Ed io che sono da poco più di due ore qui e che non riesco a smettere di sussultare ad ogni crepitio, magari, forse, capirei. O magari no. Che importa. Mi sembra di essermi innamorato di questo posto non da ora, ma di esserlo sempre stato. [….to be continued]

Storie di Mare… Mare delle Eolie!

Spiaggia di Canneto

Viaggio nelle Eolie di Alexandre Dumas

…trascorremmo parte della giornata a bordeggiare; avevamo sempre il vento contrario. Passavamo successivamente in rassegna a Salina, Lipari e Vulcano, intravedendo ad ogni passaggio, tra Salina e Lipari, lo Stromboli che scuoteva all’orizzonte il suo pennacchio di fuoco. Poi ogni colta che tornavamo verso Vulcano, tutto avviluppato in un calore caldo ed umido, scorgevamo più distintamente i tre crateri piegati tutti e tre verso occidente. Uno di essi ha lasciato colare un mare di lava il cui colore scuro contrasta con la terra rossastra e con i banchi sulfurei che lo circondano.

Sono due isole ricongiunte in una sola in seguito ad una eruzione che ne ha colmato la distanza. Solo una era da sempre conosciuta ed era Vulcano, mentre l’altra sembra essere comparsa nel 1550. Verso la metà del XVI secolo ebbe luogo l’eruzione che le unì dando vita a due porti: quello di Levante e quello di Ponente.

Infine, dopo otto ore di inutili sforzi, riuscimmo ad entrare tra Lipari e Vulcano e, una volta riparati da quest’ultima isola, guadagnammo a remi il porto di Lipari, e demmo fondo all’ancora verso le due.

Lipari, con il suo Castello costruito su una rocca e le sue case disposte secondo le sinuosità del terreno, presenta un aspetto quanto mai pittoresco. Del resto, avemmo tutto il tempo di ammirare la sua posizione, considerate le innumerevoli difficoltà che ci fecero per lasciarci sbarcare.

Le autorità, alle quali avevamo avuto l’imprudenza di ammettere che non venivamo per il commercio della pesca, il solo commercio dell’isola, e che non comprendevano si potesse raggiungere Lipari per altre ragioni, non volevano ad ogni costo lasciarci sbarcare.

Alla fine, quando passammo attraverso un cancello i nostri passaporti che, per paura del colera, ci furono presi dalle mani con delle gigantesche pinze, e una volta che si furono assicurati che venivamo da Palermo e non da Alessandria o Tunisi, ci aprirono il cancello acconsentendo a lasciarci passare.

C’era un bel pò di differenza tra questa ospitalità e quella di Eolo. Si ricordi che Lipari altro non è che l’antica Eolia, dove Ulisse sbarco dopo essere sfuggito a Polifemo.

Ecco ciò che racconta Eneide: “Arrivammo fortunatamente all’Isola di Eolie, isola accessibile e conosciuta dove regna Eolo, amico degli Dei. Un indistruttibile ed inespugnabile baluardo, circondato da rocce lisce e scoscese, cinge l’intera isola. I dodici figli del Re costituiscono la principale ricchezza del suo palazzo: sei maschi e sei femmine tutti nel fiore della giovinezza. Eolo li tiene uniti tutti insieme e le loro ore trascorrono, vicino ad un padre ed una madre degni della loro venerazione e del loro amore, in festini perenni e splendidi per abbondanza e varietà.”

Appena fummo al porto di Lipari ci mettemmo alla ricerca di un albergo: sfortunatamente però, era una cosa sconosciuta nella capitale di Eolo. Cercammo da un capo all’altra della città; nonla minima piccola insegna, ne alcuna indicazione di locanda.

Lipari, Marina Corta.

Eravamo là, Milord seduto e Jadin ed io ci guardavamo abbastanza imbarazzati quando vedemmo una enorme folla davanti ad una porta; ci avvicinammo, facendosi largo tra la calca, e vedemmo un bambino di sei otto anni morto e disteso su una specie di giaciglio.

Ciononostante la famiglia non sembrava molto addolorata, la nonna accudiva alle faccende domestiche ed un altro bambino di cinque o sei anni giocava rotolandosi per terra con due o tre maialini da latte. Solo la madre era seduta ai piedi del letto ed invece di piangere parlava al bambino disteso con una speditezza tale che non capivo una sola parola.

In quel momento due monaci entrarono a prelevare il bambino, la madre e la nonna lo abbracciarono per l’ultima volta, poi staccarono il fratellino dalle sue occupazioni affinché facesse altrettanto.

L’isola di Lipari, che da il suo nome a tutto l’arcipelago, ha una circonferenza di sei leghe e racchiude diciottomila abitanti è sede di un vescovado e residenza di un governatore. Come si può ben intuire nella capitale Eoliana gli avvenimenti sono rari. Ancora si racconta, come fosse successo ieri, il colpo di mano che tentò su di essa Ariadeno Barbarossa, il famoso pirata che in una sola incursione e con una sola retata rapì l’intera popolazione, uomini, donne e bambini e li condusse con se come schiavi. Carlo V, allora Re di Sicilia, invio una colonia di spagnoli per ripopolarla, insieme a degli ingegneri per costruirvi una cittadella fortificata ed una guarnigione per difenderla.

Gli odierni Liparesi sono pertanto i discendenti di questi spagnoli giacché, come si può ben capire, non si vedi mai più riapparire nessuno di quelli che furono rapiti dal pirata Barbarossa.

Il nostro arrivo aveva destato scalpore; a parte i marinai inglesi e francesi che vengono a rifornirsi di pietra pomice, è abbastanza raro che uno straniero sbarchi a Lipari. Eravamo dunque oggetto di una curiosità generale: uomini, donne e bambini si affacciavano ai loro usci per guardarci passare e rientravano solo quando eravamo lontani. Così attraversammo tutta la citta.

Lipari, Vicolo Sena.

In fondo al corso, ai piedi della montagna di Capo Bianco, si trova un a collinetta, sulla quale salimmo per godere del panorama dell’intera città. Eravamo li appena da un attimo quando fummo avvicinati da un uomo sui trentacinque quarant’anni che da qualche minuto ci seguiva con l’evidente intenzione di parlarci. Era il governatore della città e dell’arcipelago, questo titolo pomposo da subito mi spaventò: viaggiavo sotto falso nome ed ero entrato clandestinamente nel Regno di Napoli. Ma fui subito rassicurato dai modi tanto gentili del nostro interlocutore: era venuto a chiederci notizie sul resto del mondo con il quale era assai raramente messo in comunicazione, e per invitarci a cena il giorno seguente. Lo informammo su tutte le novità che sapevamo sulla Sicilia, su Napoli e sulla Francia ed accettammo il suo invito.

A nostra volta gli chiedemmo informazioni su Lipari. Ciò che conosceva di più era il suo organo eolico di cui parla Aristotele e le sue stufe di cui parla Diodoro Siculo. Quanto ai viaggiatori che avevano visitato l’isola prima di noi, gli untimi erano stati Spallanzani e Dolomieu. Il brav’uomo, al contrario di Re Eolo, di cui era il successore si annoiava a morte. Trascorreva la sua vita sulla terrazza della sua casa con in mano un cannocchiale. Ci aveva visto arrivare e non aveva perduto nessun dettagli del nostro sbarco, subito dopo si era messo sulle nostre tracce…

To be continued…  

…diario di bordo traversata oceanica.

22 novembre 2005, estratto del diario di bordo.

davide mantovani
Dabs

…mi affaccio al tambucio  in cima alle scalette… davanti a me il turno di guardia, a dritta l’isola di Hierro, a poppa – ad oltre cinquanta miglia – La Gomera e Tenerife, Canarie Island. Erano circa le 23 ieri sera quando, nel silenzio del porto, la barca è scivolata via… lentamente tra le altre imbarcazioni ferme al suo fianco, il suo albero si sdoppia incrociando al traverso altri alberi d’imbarcazioni ormeggiate su tutte le banchine ed in modo discreto, inosservato, come quando è arrivata dieci giorni fa, se ne andata, ce ne siamo andati come se l’oceano ci avesse chiamato, ed in realtà così è stato! Adesso ci aspettano circa venti giorni di oceano no stop sino ai Caraibi, questa sarà una navigazione indimenticabile!!

Dabs dei mari.