Viaggio nelle Eolie di Alexandre Dumas
…trascorremmo parte della giornata a bordeggiare; avevamo sempre il vento contrario. Passavamo successivamente in rassegna a Salina, Lipari e Vulcano, intravedendo ad ogni passaggio, tra Salina e Lipari, lo Stromboli che scuoteva all’orizzonte il suo pennacchio di fuoco. Poi ogni colta che tornavamo verso Vulcano, tutto avviluppato in un calore caldo ed umido, scorgevamo più distintamente i tre crateri piegati tutti e tre verso occidente. Uno di essi ha lasciato colare un mare di lava il cui colore scuro contrasta con la terra rossastra e con i banchi sulfurei che lo circondano.
Sono due isole ricongiunte in una sola in seguito ad una eruzione che ne ha colmato la distanza. Solo una era da sempre conosciuta ed era Vulcano, mentre l’altra sembra essere comparsa nel 1550. Verso la metà del XVI secolo ebbe luogo l’eruzione che le unì dando vita a due porti: quello di Levante e quello di Ponente.
Infine, dopo otto ore di inutili sforzi, riuscimmo ad entrare tra Lipari e Vulcano e, una volta riparati da quest’ultima isola, guadagnammo a remi il porto di Lipari, e demmo fondo all’ancora verso le due.
Lipari, con il suo Castello costruito su una rocca e le sue case disposte secondo le sinuosità del terreno, presenta un aspetto quanto mai pittoresco. Del resto, avemmo tutto il tempo di ammirare la sua posizione, considerate le innumerevoli difficoltà che ci fecero per lasciarci sbarcare.
Le autorità, alle quali avevamo avuto l’imprudenza di ammettere che non venivamo per il commercio della pesca, il solo commercio dell’isola, e che non comprendevano si potesse raggiungere Lipari per altre ragioni, non volevano ad ogni costo lasciarci sbarcare.
Alla fine, quando passammo attraverso un cancello i nostri passaporti che, per paura del colera, ci furono presi dalle mani con delle gigantesche pinze, e una volta che si furono assicurati che venivamo da Palermo e non da Alessandria o Tunisi, ci aprirono il cancello acconsentendo a lasciarci passare.
C’era un bel pò di differenza tra questa ospitalità e quella di Eolo. Si ricordi che Lipari altro non è che l’antica Eolia, dove Ulisse sbarco dopo essere sfuggito a Polifemo.
Ecco ciò che racconta Eneide: “Arrivammo fortunatamente all’Isola di Eolie, isola accessibile e conosciuta dove regna Eolo, amico degli Dei. Un indistruttibile ed inespugnabile baluardo, circondato da rocce lisce e scoscese, cinge l’intera isola. I dodici figli del Re costituiscono la principale ricchezza del suo palazzo: sei maschi e sei femmine tutti nel fiore della giovinezza. Eolo li tiene uniti tutti insieme e le loro ore trascorrono, vicino ad un padre ed una madre degni della loro venerazione e del loro amore, in festini perenni e splendidi per abbondanza e varietà.”
Appena fummo al porto di Lipari ci mettemmo alla ricerca di un albergo: sfortunatamente però, era una cosa sconosciuta nella capitale di Eolo. Cercammo da un capo all’altra della città; nonla minima piccola insegna, ne alcuna indicazione di locanda.
Eravamo là, Milord seduto e Jadin ed io ci guardavamo abbastanza imbarazzati quando vedemmo una enorme folla davanti ad una porta; ci avvicinammo, facendosi largo tra la calca, e vedemmo un bambino di sei otto anni morto e disteso su una specie di giaciglio.
Ciononostante la famiglia non sembrava molto addolorata, la nonna accudiva alle faccende domestiche ed un altro bambino di cinque o sei anni giocava rotolandosi per terra con due o tre maialini da latte. Solo la madre era seduta ai piedi del letto ed invece di piangere parlava al bambino disteso con una speditezza tale che non capivo una sola parola.
In quel momento due monaci entrarono a prelevare il bambino, la madre e la nonna lo abbracciarono per l’ultima volta, poi staccarono il fratellino dalle sue occupazioni affinché facesse altrettanto.
L’isola di Lipari, che da il suo nome a tutto l’arcipelago, ha una circonferenza di sei leghe e racchiude diciottomila abitanti è sede di un vescovado e residenza di un governatore. Come si può ben intuire nella capitale Eoliana gli avvenimenti sono rari. Ancora si racconta, come fosse successo ieri, il colpo di mano che tentò su di essa Ariadeno Barbarossa, il famoso pirata che in una sola incursione e con una sola retata rapì l’intera popolazione, uomini, donne e bambini e li condusse con se come schiavi. Carlo V, allora Re di Sicilia, invio una colonia di spagnoli per ripopolarla, insieme a degli ingegneri per costruirvi una cittadella fortificata ed una guarnigione per difenderla.
Gli odierni Liparesi sono pertanto i discendenti di questi spagnoli giacché, come si può ben capire, non si vedi mai più riapparire nessuno di quelli che furono rapiti dal pirata Barbarossa.
Il nostro arrivo aveva destato scalpore; a parte i marinai inglesi e francesi che vengono a rifornirsi di pietra pomice, è abbastanza raro che uno straniero sbarchi a Lipari. Eravamo dunque oggetto di una curiosità generale: uomini, donne e bambini si affacciavano ai loro usci per guardarci passare e rientravano solo quando eravamo lontani. Così attraversammo tutta la citta.
In fondo al corso, ai piedi della montagna di Capo Bianco, si trova un a collinetta, sulla quale salimmo per godere del panorama dell’intera città. Eravamo li appena da un attimo quando fummo avvicinati da un uomo sui trentacinque quarant’anni che da qualche minuto ci seguiva con l’evidente intenzione di parlarci. Era il governatore della città e dell’arcipelago, questo titolo pomposo da subito mi spaventò: viaggiavo sotto falso nome ed ero entrato clandestinamente nel Regno di Napoli. Ma fui subito rassicurato dai modi tanto gentili del nostro interlocutore: era venuto a chiederci notizie sul resto del mondo con il quale era assai raramente messo in comunicazione, e per invitarci a cena il giorno seguente. Lo informammo su tutte le novità che sapevamo sulla Sicilia, su Napoli e sulla Francia ed accettammo il suo invito.
A nostra volta gli chiedemmo informazioni su Lipari. Ciò che conosceva di più era il suo organo eolico di cui parla Aristotele e le sue stufe di cui parla Diodoro Siculo. Quanto ai viaggiatori che avevano visitato l’isola prima di noi, gli untimi erano stati Spallanzani e Dolomieu. Il brav’uomo, al contrario di Re Eolo, di cui era il successore si annoiava a morte. Trascorreva la sua vita sulla terrazza della sua casa con in mano un cannocchiale. Ci aveva visto arrivare e non aveva perduto nessun dettagli del nostro sbarco, subito dopo si era messo sulle nostre tracce…
To be continued…