Salina, e la casa del Postino

Pollara la baia dei tramonti.

Il mare è il protagonista assoluto del paesaggio delle Isole Eolie. Nell’isola di Salina, nonostante vi siano poche spiagge, i turisti possono ritagliarsi il proprio “posto al sole” godendo di una bellezza paesaggistica unica nel suo genere. Nelle classifiche di Legambiente e Touring club l‘isola di Salina si posiziona sempre tra le prime località balneari d’Italia per le sue spiagge che, seppur poco numerose, vantano non solo una bellezza senza rivali, ma anche tutta una serie di attività rivolte alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente.

 

Situata sull’estremità nord-occidentale dell’isola, nei pressi dell’omonimo paesino facente parte al comune di Malfa, la spiaggia si estende sotto una ripida scogliera a forma di anfiteatro, caratterizzata da un litorale di sassi e ghiaia scuri. E’ uno dei luoghi più affascinanti di tutte le Eolie, a nord vi è la baia “Balate” chiusa dal Perciato , un promontorio dove sono visibili i magazzini e i rifugi scavati nel tufo. All’insenatura si accede tramite una ripida scalinata che attraversa la casa ormai denominata del Postino, in cui fu ambientato l’omonimo film. Il mare che la bagna è limpido e cristallino, vi troverete a fare il bagno in un preistorico cratere sommerso di cui ancora son ben visibili i resti plasmati dal fuoco, dal vento e dal mare. Da questa spiaggia è possibile ammirare lo spettacolare tramonto riconosciuto tra i più belli al mondo, il sole che assume un colore rosso intenso fa da sfondo alle spettacolari attrattive naturali . La spiaggia è raggiungibile via mare e l’ancoraggio antistante è formidabile.

 

Dabs

Filicudi mare, spiagge e grotte.

 

Filicudi: mare, spiagge e grotte. 

Fuori dalle rotte più navigate, Filicudi si sbarca per scelta, o meglio ancora per il desiderio di immergersi in una natura incontaminata e selvaggia, dove caratteristiche spiagge, ma anche piccole e appartate calette, fanno dell’isola uno scenario unico. Il mare, indubbiamente, è una delle principali attrattive e risorsa di sostentamento dell’isola. Per godere a pieno delle bellezze di Filicudi è consigliato l’utilizzo di una barca che sarà necessaria per raggiungere scorci suggestivi come la Grotta del Bue Marino, un tempo descritta come nascondiglio di mostri marini, dove, per effetto dei raggi solari, si creano particolarissimi giochi di luce. Se non possedete una barchetta non vi preoccupate, sono innumerevoli i posti dove è possibile affittarla o fare un escursione guidata lungo la costa.

Un altro angolo suggestivo celato dal mare è lo scoglio La Canna, a cui molti isolani attribuiscono la forma della Madonna col bambino. E’ uno scoglio plasmato dal mare e dal fuoco e, come un sontuoso monumento, si erge in tutta la sua altezza dando l’impressione di proteggere l’isola. Una leggenda “filicudara” attribuisce allo scoglio un potere magico: basta toccare lo scoglio per far si che i desideri si avverino.

La Grotta del Bue Marino di Filicudi è situata sul versante nord occidentale dell’isola, vicino alla rinomata Punta Perciato. Si tratta una magnifica e suggestiva grotta larga circa 30 metri, che deve il suo nome alle foche monache che un tempo la abitavano. E’ la grotta più grande di tutte le Eolie, tra le più magiche ed emozionanti per i giochi di luce che si creano al suo interno, che danno vita ad effetti favolosi, e per il rumore del mare, che dentro la grotta sembra imitare il muggito di un bue.

Per la profondità e l’ampiezza dell’antro della Grotta del Bue Marino, è possibile entrarvi con piccole barche a remi, oltre naturalmente che a nuoto.

 

Dabs

Panarea e l’attività vulcanica di Lisca Bianca

Le bollicine di Panarea…
 
Panarea è l’isola più piccola dell’arcipelago eoliano ed è un’isola molto scenografica; una delle più incantevoli dell’arcipelago. I suoi 240 abitanti,vivono in tre contrade: Ditella, S. Pietro e Drauto.
Fanno da cornice a Panarea i vicini isolotti di Basiluzzo, Dattilo, Bottaro, Spinazzola e gli scogli di Lisca Bianca, Lisca Nera, i Panarelli e le Formiche. Gli studiosi ritengono che Panarea, gli scogli e gli isolotti che la circondano siano i resti di un antichissimo vulcano sottomarino, sommerso in parte dalle acque nei periodi interglaciali.
L’apparato vulcanico complessivo si deve ritenere il più antico rispetto agli altri delle Eolie e del vulcano originale rimane solo la parte orientale perché quella occidentale ha subìto diversi sprofondamenti che hanno ridotto di molto la primitiva superficie dell’ isola. A sud-est, nei pressi di Punta Milazzese, vi sono i resti di un villaggio preistorico che dominano dall’alto la bella baia di Cala Junco, e tutt’intorno all’isola sorgono degli scogli chiamati le Formiche, poco affioranti e per questo causa di parecchi naufragi nell’antichità.
Il condotto principale dell’originario complesso vulcanico è situato all’incirca nel tratto di mare compreso tra lo scoglio La Nave e lo scoglio Cacatu. Sempre dal mare, sulla costa occidentale (Cala Bianca), sono invece visibili i resti di un condotto vulcanico secondario dalla forma di grosso imbuto.
Sul lato nord-est dell’ isola, sulla spiaggia della Calcara è tuttora possibile scorgere fumarole di vapori che si levano dalle fessure fra le rocce (dai suggestivi colori sulfurei), ultime tracce di attività vulcanica con temperature fino ai 100°C . In alcuni punti fra i ciottoli in riva al mare, per effetto di queste sorgenti di calore, l’acqua ribolle fino ad essere ustionante.
I fondali attorno a Panarea e il suo mini-arcipelago sono spettacolari perfetti
per fare snorkeling.
Altre fenomeni eruttivi subacquei (recentemente alla ribalta della cronaca per un’ improvvisa aumentata attività) sono evidenti nel ribollire delle acque fra l’isolotto di Bottaro e Lisca Bianca.
Dabs

Stromboli Terra di Dio…!!

Salita al cratere di Stromboli.

La salita è ripida, il sole di agosto ancora alto a quest’ora del pomeriggio ed inesorabilmente caldo, molto caldo. “Chi me lo ha fatto fare???” – penso- “non riuscirò ad arrivare lassù…chissà se mi permettono di tornare indietro?”. I pensieri sono scossi via da un boato e poi un altro ancora e sento che la terra sotto i piedi sembra non esserci più…il terreno nero fatto di piccole pepite laviche scivola lento sotto gli scarponi da trekking ricoperti ormai quasi interamente dalle polveri che aleggiano nell’aria al passare confusionario del gruppo che sale. Faccio fatica a non cadere e mi sorreggo mettendo il busto in avanti e facendo leva sulle punte dei piedi, ma non posso non guardare su e anche se il sudore lo sento,  fastidioso, che scende sulla nuca….sorrido. Non posso abbandonare. Non adesso.

Al termine delle breve scalata lungo la mulattiera si apre ai miei occhi una vista meravigliosa su Strombolicchio che è ormai 700 metri più in basso…altezzoso e gotico in tutte le sue forme anche da quassù ruba per un attimo tutta la nostra attenzione. Ma Stromboli sopra, sotto e dovunque intorno a me mi richiama all’ordine…siamo sulla cresta ripida e sabbiosa che conduce alla cima e vedo i crateri con le prime postazioni di osservazione fatti da bassi muretti di protezione disposti a semicerchio. Il punto di osservazione più vicino alle bocche è più in alto però è devo risalire il tratto di cresta finale. Difficile credere ai propri occhi e mantenere la calma…alte e spaventose le esplosioni si susseguono ritmicamente tingendo di rosso il nero della notte ormai calata. L’adrenalina sale eppure il senso di pace e di godimento alla vista di questa Natura che esplode sono di quelli mai sentiti prima.  È come essere affacciati sul bordo del vaso di Pandora e sentire terrore misto a curiosità e vorresti fare sempre un passo in avanti perché forse lo spettacolo sarebbe ancora più bello. La guida parla, illustra, descrive, da indicazioni. Ma come si può ascoltare? È “Lui” che senza parole dice tutto e sgomitando rimane per interminabili attimi al centro di tutta la nostra attenzione. “Iddu” è così, mi avevano avvertito quasi come se parlassero di qualcuno che esiste davvero, di un’entità vivente…ed io che non ci avevo creduto…. Amo quest’isola, l’ho sempre amata…dal momento stesso in cui ci ho messo piede la prima volta. Dal momento in cui mi ha costretta a fare pace con la paura di approdare in un luogo dove la terra sotto i piedi è calda e trema e ruggisce, ma non puoi fare a meno di toglierti ciabatte e scarpe almeno una volta perché quel calore lo devi sentire  diretto sotto di te. È un amore potente quello di chi si innamora di Stromboli…perché le Eolie le ami tutte, ma sempre succede che ognuno scelga la propria e la faccia sua. Io ho scelto Stromboli. La sua forma conica, la sua “sciara”, il verde lussureggiante del bosco che fa spazio lungo il pendio alla sabbia nerissima di polvere lavica. Sono rimasta qui, da quel pomeriggio di agosto in cui ho deciso di salire lassù….

Simona

 

Cucina Eoliana Pane “Cunzato” e granite da Alfredo.

Lingua Isola di Salina… pane “cunzato” e granite!

La costante di tutte le passeggiate sul piccolo lungomare di Lingua è una domanda che – non solo in italiano – qualcuno prima o poi vi rivolge: dov’e’ Alfredo? Alfredo o meglio il bar “Da Alfredo” è a pochi passi dal faro e dallo stagno, utilizzato per estrarre il sale sin dall’epoca romana, e da cui deriva il nome dell’isola di Salina.

Pane cunzato

Si va “Da Alfredo” per due ottimi motivi: la granita e il pane “cunzato” – due classici della tradizione siciliana che dalla contaminazione eoliana sembrano guadagnare in carattere.
La granita di Alfredo ha il sapore dei limoni di Salina, grandi come lo sfusato amalfitano, dei fichi che piegano i rami degli alberi dietro ogni muretto dell’isola, come dei gelsi, delle mandorle e persino delle fragole che arrivano col traghetto. Le coppe di vetro raccontano tutta la sua consistenza pastosa: senza liquido sul fondo e senza per questo essere troppo fredda, un trucco – sempre più diffuso – per farla apparire compatta che ne cancella però i sapori. Fino a due gusti diversi nella stessa coppa, con o senza panna, da gustare anche con le briosche, quelle da mangiare “siculamente” strappandone un pezzetto e farcendolo a cucchiate.

Il “pane cunzato” (“conciato” o meglio condito) qui viene proposto non come da trazione; al posto del panino o della fetta c’è un disco di pane, tostato, e servito con farciture diverse, tutte a base dei sapori dell’isola: dai dolci pomodorini alle alici sott’olio, dalle cipolle rosse  (intrecciate e appese su ogni balcone di Salina) ai capperi (semplici, in pasta o nella loro versione di “cucunci”), senza dimenticare le abbondanti grattugiate di ricotta salata al forno che viene dai caseifici della zona di Milazzo.

dabs

Lipari e le cave di pomice.

LIPARI: IL NERO DELL’OSSIDIANA, IL BIANCO DELLA PIETRA POMICE.

 

 

 Lipari non è solo la più grande delle Isole Eolie, ma è anche la più mondana tra le sette perle del mediterraneo.

Il suo porticciolo e la rocca fortificata l’hanno resa un punto focale del turismo eoliano, caratterizzandola come snodo principale degli spostamenti da e verso le altre isole.

Oltre ad una fervente attività turistica, la principale fonte di ricchezza dell’isola è stata per anni alimentata dalle operazioni di estrazione dell’ossidiana e della pietra pomice.

È difficile credere che il nero dell’ossidiana e il bianco della pietra pomice derivino dalla stessa tipologia di fenomeno. Mentre la prima deve il suo colore alla composizione basica del magma da cui è prodotta, la seconda è chiara perché è acida e nasce da eruzioni ricche di gas con un’evaporazione veloce che conferisce alla pietra pomice la sua caratteristica porosità.

mare limpido isole eolieSe l’ossidiana è la tipica roccia magmatica-vetrosa di origine effusiva, la pomice appartiene a quella categoria di materiali eruttivi generati da un’attività effusiva-esplosiva: insomma, entrambe derivano dal raffreddamento e dalla successiva solidificazione della lava, ma sono totalmente diverse per consistenza e colore.

Ancora oggi è possibile visitare le cave di pietra pomice di Porticello o fare un bagno lungo le sue coste bianchissime, dove il mare assume una colorazione turchese unica al mondo. Anche l’ossidiana è facilmente reperibile nella sua forma più grezza, soprattutto nelle zone costiere o rurali dell’Isola di Lipari.

dabs

Museo Archeologico di Lipari Isole Eolie

Museo Archeologico di Lipari

Il complesso museale sorge sul roccione riolitico del “Castello” di Lipari, un’imponente cupola di formazione vulcanica con caratteristiche di fortezza naturale, dove gli abitanti si sono insediati in tutti i periodi in cui si è sentita una necessità di difesa.

Le testimonianze di questi insediamenti sono oggi in parte visibili sul pianoro sommitale della rocca: capanne dell’Età del Bronzo, su quattro livelli sovrapposti; strutture di Età Greca e Romana; impianto urbano del II sec. a.C., grazie all’intensa attività di scavo sistematico avviata a partire dagli anni ’50.

Fino alla metà del XVI secolo la rocca del “Castello”, la “Cittàde” nella vecchia dizione popolare, conservava il suo aspetto naturale, costituito da pareti rocciose per tutta la sua altezza e da alcuni tratti di fortificazione sulla sommità di queste. L’aspetto attuale gli deriva dalle possenti cortine a scarpa delle fortificazioni erette da Carlo V intorno al 1560, subito dopo l’attacco del pirata tunisino Kaireddin Barbarossa, che nel 1544 aveva conquistato e distrutto la città.

 

Sul lato Nord, le fortificazioni spagnole hanno inglobato la torre a difesa piombante di Età Normanna, la quale aveva compreso una torre di età greca, probabilmente del IV sec. a.C., oggi ancora visibile per tutta la sua altezza. Le diverse Sezioni in cui il Museo è articolato e le sue infrastrutture (uffici, biblioteca, depositi, servizi aggiuntivi, ecc.), trovano  sede in diversi edifici storici, a cui si aggiungono anche i fabbricati novecenteschi del campo di confino fascista.

 

Il Museo, costituito da sei padiglioni, che accolgono rispettivamente: la Sezione Preistorica, la Sezione Epigrafica, la Sezione delle Isole Minori, la Sezione Classica, la Sezione Vulcanologica, la Sezione di Paleontologia del Quaternario, documenta ed illustra, attraverso i complessi dei reperti esposti, gli insediamenti umani e lo sviluppo delle civiltà succedutesi, nell’Arcipelago Eoliano, dalla Preistoria alle soglie dell’Età Moderna.

Il percorso scientifico è agevolato dal ricco ed esaustivo apparato didattico che si articola su due livelli: didascalie con caratteri di colore rosso, forniscono in lingua italiana ed inglese informazioni essenziali ad una visita rapida; testi esplicativi con caratteri di colore nero, forniscono in lingua italiana informazioni ampie e dettagliate ad una visita ragionata e scientificamente completa.

Disponibili per la consultazione del pubblico sono inoltre, all’interno della Sezione Preistorica, della Sezione delle Isole Minori e della Sezione Classica, delle postazioni informatiche di facile accesso per quanti vogliano più ampi spunti di approfondimento, e sui complessi esposti nel Museo e sulle emergenze archeologiche e/o monumentali del Castello.

Dabs

I cetacei, delfini, capodogli e tartarughe caretta caretta alle Isole Eolie.

Delfini, balene e tartarughe alle Isole Eolie.

delfini sulla prua in navigazione alle eolieIl viaggio verso le Eolie in questo periodo estivo può regalare spettacoli entusiasmanti di delfini e balene che nuotano e accompagnano le imbarcazioni dei turisti che giungono sulle isole bellissime come Stromboli o Panarea, dov’è boom di turisti, ma anche di splendidi cetacei.

DELFINI MARE CALMI E ACQUA CLDADelfini, capodogli, ma anche le tartarughe Caretta Caretta sono tornate a popolare queste acque. Se ne contano circa 2000 esemplari. Persino il tonno è tornato a nuotare nel mare eoliano.

Merito delle acque profonde, pulite e della varietà di biodiversità che attira molte specie. E per i turisti è uno spettacolo unico a cui assistere.

Dabs

I capperi delle Isole Eolie

Capperi, fiori e cucunci… frutti delle Isole Eolie.

Il nome scientifico è “Capparis Spinosa”, appartiene alla famiglia delle capparidacee che è composta da circa 120 specie. Dal suo arbusto si dipartono i rami che producono i boccioli floreali.
Trova terreno e clima propizio nelle splendide ed infuocate Isole Eolie, dove crescono, fin dai tempi più antichi, capperi dal sapore inconfondibile, particolarmente intenso ed aromatico.
La raccolta avviene esclusivamente a mano e si effettua, come un rito quasi sacrale, tra i primi di maggio e la metà di agosto.
È un lavoro molto delicato e faticoso che solo mani espertissime sono in grado di effettuare con perizia, raccogliendo, uno per uno, i gustosi boccioli nella parte apicale dei rametti novelli senza danneggiarli.
I capperi appena raccolti non possono essere commercializzati allo stato fresco ma necessitano di un giusto periodo di maturazione (30/45gg) e attente cure.
Durante tale periodo il prodotto viene conservato con periodiche e decrescenti aggiunte di sale marino fino a quando non assume il colore tipico, l’aroma caratteristico, il sapore intenso e gradevole, l’aspetto consistente.
Le gemme non raccolte si ingrandiscono e successivamente si dischiudono ed all’apice di uno stelo (gambo), presentano il “frutto” dell’arbusto omonimo detto in termini dialettali e gergali “Cucuncio”.
Il prodotto viene successivamente selezionato in diverse calibrature e classificato commercialmente con relativa denominazione.

La Caponata tipico piatto siciliano di verdure e capperi.

 

Malvasia delle Lipari, Isole Eolie

Una storia di tradizioni e passione

Tra i colori forti della fertile Salina (il verde intenso della rigogliosa vegetazione, il blu profondo del mare e l\’azzurro limpido del cielo) e i sapori genuini e sinceri delle sue antichissime tradizioni nasce e matura la secolare esperienza che a Francesco Fenech deriva dai suoi avi, viticoltori da più di due secoli 

Forte del rapporto unico con una natura ancora incontaminata, l’Azienda Agricola che da lui prende il nome si fa messaggera della storia che lega l’uomo ai suoi antenati attraverso il gusto unico dei propri prodotti.

Salina, una delle perle delle Eolie, anzi l’isola dell’arcipelago che forse è più bella per la sua terra che per il suo mare. Un paesaggio vulcanico dominato da due vette coniche, ricco di boschi, di agricoltura di pregio, di intensa e dura opera dell’uomo per terrazzare i terreni. E in questo paradiso terrestre immortalato dalle immagini del film “Il Postino” cresce un’uva che lo caratterizza e da cui si ricava il vino tipico che prende il suo nome: Malvasia delle Lipari dove il nome dell’arcipelago è obbligatorio per distinguere sia l’uva che il vino dalle altre almeno dieci Malvasie che sono sparse per il mondo.

Malvasia delle Lipari è diventato DOC nel 1973 e comprende anche la tipologia Passito che può dirsi anche Dolce Naturale, che poi è quella universalmente conosciuta ed apprezzata, fatta dall’omonimo vitigno e dal Corinto Nero dal 5 all’8% con uve appassite in modo naturale per la concentrazione degli zuccheri. Il Corinto Nero negli anni 70 era stato aggiunto per dare un colore più intenso, più dorato con sfumature ambrate. Forse oggi se ne potrebbe fare a meno, ma ancora il disciplinare lo prevede.